Curiosità
- Alcune note sul Concerto per fagotto- G.B Polledro
- Tre violinisti e un fagotto
G.B Polledro
Nato nel 1781 a Piovà (oggi Piovà Massaia in provincia di Asti) da un’agiata famiglia di commercianti, Giovanni Battista Polledro compì i primi studi musicali ad Asti e poi a Torino, dove probabilmente fu allievo anche di Gaetano Pugnani, uno dei più illustri esponenti della tradizione violinistica piemontese. Dopo aver suonato per la stagione 1797/98 nell’Orchestra del Teatro Regio, nello stesso 1798, in seguito alla morte di Pugnani e allo scioglimento della Regia Cappella per la partenza della corte, il giovane violinista lasciò la capitale sabauda. Scarse le tracce di quei primi anni di pellegrinaggio: tra il 1803 e il 1804 suonò come «primo de’ secondi violini» nell’orchestra del TeatroCarcano di Milano, mentre dal 1805 al 1810 fu a servizio del principe Tati¹ev a Mosca, già mèta di una gloriosa tournée di Pugnani con il giovane Viotti.
Intorno al 1811 il violinista cominciò la carriera moderna del concertista, raggiungendo ben presto una celebrità di dimensione europea. Nei due anni successivi la sua attività è ben documentata dalla «Allgemeine musikalische Zeitung», che recensì le esibizioni di Bratislava, Varsavia, Praga, Lipsia, Vienna, Monaco di Baviera e Berlino. A Praga riscosse «un successo di cui nessun musicista oltre a Mozart può vantarsi», ben rispecchiato dal guadagno eccezionale di 7000 gulden. Suscitò particolare eco un concerto di beneficenza a Karlsbad, il 6 agosto 1812, che vide Polledro a fianco di Beethoven al pianoforte, anche se in una lettera all’editore Breitkopf il compositore parlò di un «povero concerto per i poveri» accompagnato dal «signor Polledrone, che ha suonato bene dopo aver superato il suo abituale nervosismo».
Come di consueto in quegli anni, Polledro si esibiva insieme ad altri artisti in programmi comprendenti musica vocale e strumentale per diversi organici e quasi sempre proponeva pezzi di propria composizione, destinati a mettere in luce le sue doti di virtuoso. Non è un caso, quindi, che la produzione di questo periodo avesse quasi sempre come protagonista il suo strumento (esercizi per violino solo, duetti, trii per due violini e violoncello, cicli di variazioni e concerti per violino e orchestra), mentre in una fase successivaPolledro si dedicò alla composizione di sinfonie e di musica sacra.
La figura di Polledro, però, non può essere semplicemente accomunata a quella di tanti altri violinisti-compositori itineranti la cui fama sarebbe stata presto offuscata dall’astro di Paganini; forte del successo internazionale, dopo qualche anno il violinista scelse infatti di tornare al servizio di una corte assumendo una carica di prestigio per unire agli impegni artistici quelli dell’organizzazione di una cappella musicale: dal 1816 al 1823 fu Kozertmeister della celebre orchestra di corte della Sassonia a Dresda, testimone dell’incontro-scontro tra il perugino Francesco Morlacchi, ancora fiducioso nel primato dell’opera italiana, e il fondatore dell’opera tedesca Carl Maria von Weber; nel 1823 venne nominato a Torino «primo violino e primo virtuoso della Cappella e Camera e Direttore generale della musica istrumentale» - titolo un tempo attribuito a Pugnani - e si dedicò alla riorganizzazione dell’orchestra di corte e di quella del Teatro Regio.
In assenza di dati cronologici certi, il Concerto in do maggiore per fagotto e orchestra - del tutto eccezionale nel catalogo delle opere di Polledro, in cui prevalgono come si è detto le composizioni dedicate al violino - risale probabilmente all’epoca di Dresda o al primo periodo torinese. L’autografo, conservato presso la Biblioteca del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino, non è datato ed è l’unica fonte disponibile: non si conoscono altre copie manoscritte o edizioni. Dato che la composizione di un concerto per uno strumento a fiato era di solito legata a un virtuoso dello strumento, si può pensare che Polledro lo abbia scritto pensando a un solista ben preciso: potrebbe trattarsi di FranzSchmidt, primo fagotto della Cappella musicale di Dresda (grazie a un appunto nei diari di Weber che li cita tra gli ospiti di una serata musicale a casa propria nel 1819, sappiamo che Polledro e Schmidt si frequentavano anche al di fuori del lavoro), oppure di Vittorio Leopoldo Secchi, primo fagotto della Cappella Regia di Torino, attivo anche presso l’Orchestra del Regio e l’Accademia Filarmonica.
Nonostante la qualità della composizione, non è stato possibile rintracciare riferimenti in recensioni dell’epoca. Del resto, i giornali e le riviste musicali seguirono con meno attenzione l’attività di Polledro dopo la sua rinuncia alla carriera di virtuoso itinerante; solo in tempi recenti la ricerca musicologica ha messo in luce l’importanza della sua opera diorganizzatore musicale, specie a Torino. Grazie all’esperienza maturata all’estero, infatti, Polledro nell’ultima fase della sua carriera (dopo aver rallentato l’attività per motivi di salute, fu pensionato nel 1845 e morì a Piovà nel 1853) per la Cappella torinese acquistò tra l’altro numerose sinfonie di Haydn, Mozart e Beethoven e, introducendo la musica strumentale dei grandi compositori austro-tedeschi, pose le basi di un interesse destinato a caratterizzare in modo indelebile la vita musicale cittadina.
Clelia Parvopassu